Va in piazza la manifestazione organizzata dal movimento “Non una di meno” contro la violenza sulle donne, dopo l’assassinio di Giulia Cecchettin da parte del suo ragazzo Filippo Turetta. Due nomi che in questi ultimi giorni hanno riempito d’inchiostro i quotidiani e presentato in TV,  una fila interminabile di esperti, più o meno accreditati, che hanno tentato di spiegare (ancora una volta), le motivazioni che spingono un uomo ad uccidere una donna.

Ma nelle ore immediatamente successive al ritrovamento nel corpo della povera Giulia,  l’occhio delle telecamere e l’attenzione dei taccuini dei giornalisti, si sono soffermati sulle dichiarazioni di Elena, sorella di Giulia, che ha parlato di società patriarcale e di un vero e proprio omicidio di Stato :  “Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale è un delitto di potere” – queste le sue parole.

E  le sue parole. colme di tristezza, dolore e certamente di comprensibile rabbia, sono state immediatamente recepite come manifesto politico, dai movimenti che hanno di fatto spostato il tema, da fatto di cronaca a lotta politica.
Durante la manifestazione di Roma infatti, alcuni teppisti , afflitti da mal di pancia antigovernativi, hanno tentato di assaltare la sede di “Pro vita e famiglia”, mentre in un post si ripromettevano di attaccare una sede Rai, simbolo a loro dire del potere di Giorgia Meloni. Tentativo per altro non riuscito.
Patriarcato o legge del padre, dove l’uomo sottomette la donna ai propri voleri, alle proprie decisioni in maniera prevalente e senza rispetto. Questa è secondo molte femministe, la società nella quale viviamo, responsabile dei femminicidi in Italia.

Ma l’Italia è ben altro. È la nazione dove per la prima volta una donna è a capo del governo, dove tante donne sono meritatamente alla guida di aziende, di imprese, hanno responsabilità nelle pubbliche amministrazioni, nelle forze dell’ordine e ai massimi vertici delle istituzioni.
Allora dove andare a ricercare le cause principali, per cui uomini affetti da una possessività esplosiva e prepotente, non sopportano l’idea di poter ricevere un no da parte di una donna che loro considerano di loro proprietà?  Esiste certamente una cultura del “sì tutto subito”, dove non si preparano i giovani alla vita, ma la vita ai giovani, senza più dare un senso al sacrificio e al gusto del raggiungimento di un obbiettivo.

Ma se da un lato si discute sulle cause di tali atrocità, la povera Giulia tornerà ad essere un numero per le statistiche e un nome da urlare in una piazza come quella di Roma e di cento altre, utili solo per rovesciare odio nei confronti di chi viene ancora considerato un nemico da abbattere e non un avversario da sconfiggere.

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